28 Maggio 2023

Texturism: la discriminazione ha mille volti e passa anche per i capelli

LinkedIn e Dove insieme hanno appena lanciato una campagna contro la discriminazione razziale sulla base dei capelli. Scopriamo cos’è il texturism e perché va fermato.

La discriminazione ha mille volti e passa anche per i capelli. Il texturism – termine inglese che fa riferimento ai cosiddetti textured hair, ovvero in italiano i capelli texturizzati o etnici – indica quel fenomeno per cui si discriminano le persone che hanno i capelli molto ricci o crespi.

Il tema del texturism torna all’attenzione generale dopo il recente lancio della campagna Black Hair is Professional realizzata da Ogilvy per LinkedIn e Dove, che insieme hanno deciso di intervenire attivamente per arginare questo fenomeno. L’intento è quello di sensibilizzare al tema e di educare le aziende a tenere un atteggiamento inclusivo, partendo dal fatto che la professionalità può essere associata a qualunque tipo di capelli.

Dove è anche tra i cofondatori di un’associazione che negli Usa si sta impegnando per promuovere l’adozione del Crown Act, contro la discriminazione per i capelli naturali. Dopo l’approvazione alla Camera dei Rappresentanti a marzo dell’anno scorso, il disegno di legge a dicembre non ha passato il vaglio del Senato, pertanto oggi il provvedimento opera solo a livello statale in 19 Stati. 

Qualche dato sul texturism

Per avere un’idea dell’impatto del texturism nel quotidiano, possiamo consultare il Crown Workplace Research Study del 2023, da cui si apprende che negli Usa le discriminazioni sulla base dei capelli si manifestano nelle occasioni più diverse, dai colloqui di assunzione alle relazioni quotidiane con i colleghi.

Circa 2/3 delle donne bipoc (acronimo per Black, Indigenous, and people of color) ha cambiato l’aspetto dei propri capelli in occasione dei colloqui di lavoro nella speranza di aumentare le possibilità di essere assunte. E tra queste, il 41% ha deciso di lisciarli per omologarsi ai tratti tipici occidentali. Più della metà (il 54%) ritiene di doverlo fare per ottenere un esito positivo del colloquio. Come dimostrano i dati dello studio, infatti, la probabilità che i capelli afro al naturale siano percepiti come non professionali è 2,5 volte più alta.

Chi sono le vittime di texturism

Oggi il sistema che utilizziamo correntemente per categorizzare i diversi tipi di capello è quello elaborato da Andre Walker, hairstylist anche di Oprah Winfrey. Secondo questo sistema, il tipo di capelli può essere suddiviso in categorie distinte in base alla trama:

  • 1: capelli lisci;
  • 2: capelli mossi;
  • 3: ricci più allungati;
  • 4: ricci fitti.

Il sistema di Walker associa anche lettere a questi numeri per segmentare ulteriormente i tipi di capelli, da cui si arriva a definire i capelli 4c come quelli con la struttura più crespa e fittamente riccia. Le persone con capelli 4c sono quelle che più sperimentano episodi di discriminazione.  

Qualche esempio famoso? Dai commenti dispregiativi arrivati via social alla figlia di Beyonce e Jay-Z, a un’influencer di TikTok di nome Lipglossssssssss vittima di bullismo perché porta i suoi capelli naturali, per chiudere con molti blogger e YouTuber come Mayowa’s World, Jouelzy e Nappyheadedjojoba che nel corso degli anni hanno parlato degli episodi di texturism che hanno vissuto.

Cosa possiamo fare nel quotidiano?

Come tutti i cambiamenti di mentalità, anche l’abbandono del texturism implica un impegno nell’analizzare le proprie opinioni e cercare di modificarle in un’ottica più inclusiva. Abbattere i pregiudizi è un’operazione meticolosa, che richiede onestà e disposizione ad accogliere punti di vista nuovi. 

La campagna congiunta Linkedin e Dove intende operare sui pregiudizi in particolare nel mondo del lavoro, noi nel nostro quotidiano possiamo ampliare il raggio di azione sostenendo gli attivisti anti texturism e abituandoci a pensare, per esempio, che le persone con capelli 4c possono essere altrettanto interessanti e affascinanti con i loro ricci naturali, per quanto fitti e crespi possano essere.

Perché le battaglie per i diritti umani e la dignità dell’individuo hanno mille volti e passano anche per i capelli.

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