29 Novembre 2023

Davines: da Braguzzi a Molet

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Paolo Braguzzi passa il testimone a Anthony Molet come nuovo amministratore delegato di Davines, restando nel consiglio di amministrazione del gruppo.

 PAOLO BRAGUZZI

Paolo Braguzzi

Che cosa hai ricevuto da questa esperienza… e cosa hai dato?

Una delle cose più straordinarie del nostro settore è la possibilità di instaurare rapporti positivi e gratificanti. È un settore fatto di persone che si concedono volentieri alla costruzione di un rapporto e per me che non sono così estroverso è stata una piacevole scoperta, una rivelazione rispetto a quello a cui ero abituato. Pur arrivando infatti sempre dal settore beauty, l’area consumer presenta tutta un’altra situazione. C’è un secondo aspetto che mi ha colpito di questo settore: la possibilità di esprimersi con creatività, l’andare sempre alla ricerca di cose nuove, di stimoli, di progetti. Terreno fertile per chi come me ha una passione per il marketing.

Guardando un po’ indietro, cioè alla prima parte della mia carriera, riferita solo all’Italia, ricordo che una delle cose che più mi ha reso orgoglioso risale al 93/94 ed è legata al progetto ‘Voglia di Colore’. Ricordo che James Longagnani, al ritorno dalla Francia, mi aveva parlato con entusiasmo di un nuovo modo di colorare i capelli che proponeva una miscellanea di nuance sulla testa. La cosa mi aveva incuriosito e così ci siamo lanciati in questo progetto che proponeva percorsi education super massicci su questo servizio, con una serie di eventi formativi (30/32 nel giro di poco settimane con 250 persone ciascuno) che aveva dato un grande impulso allo sviluppo nei saloni della “colorazione a valore aggiunto”.

Un altro progetto di grande soddisfazione è quello in cui ero riuscito a trasformare, nella seconda metà degli anni Novanta, il Canvass aziendale in un Canvass per saloni, pensato in termini di vendita di prodotti e di servizi da parte dei parrucchieri verso le loro clienti. Tra l’altro, proprio per questo progetto avevo ricevuto una nomination per il premio di uomo di marketing dell’anno da parte di una rivista prestigiosa di management ed ero entrato nella selezione finale, cosa mai successa ad un manager del nostro settore.

C’è poi l’aver introdotto per primi, grazie al lavoro con Rossano Ferretti sul progetto “Parrucchieri per il futuro”, il concetto dell’esperienza della cliente in salone, e il progettare in maniera consapevole il “viaggio” che la cliente fa in salone. Anche questa è una cosa nata negli anni Novanta e ancora oggi mi compiaccio  quando sento titolari di salone che fanno riferimento a quella esperienza. Un altro progetto che ho a cuore riguarda il cambiamento della logica con cui realizzare il design di un salone. Il progetto si chiamava “Global Image”, era realizzato insieme a Piero Lissoni e rappresentava lo sdoganamento del design del salone: da quel momento, infatti, il design salone andava di pari passo con quello realizzato per un hotel, un ristorante, una casa. Una svolta importante! Infine, ci sono quelli che erano considerati ‘progetti visionari del salone del futuro’: veri e propri slanci che sono poi diventati realtà.

Tutti questi progetti di cui ho parlato hanno significato tanto ma penso che l’impatto sul settore di quello che è successo nel periodo successivo, cioè nei 17 anni trascorsi in Davines, sia stato ancora più alto, anche perché è avvenuto a ivello internazionale. E qui voglio ricordare solo una cosa perché secondo me ha un’importanza senza precedenti e cioè l’introduzione pioneristica del concetto di sostenibilità, prima ambientale e poi a 360°. Un concetto che abbiamo iniziato a praticare a partire dal 2005, quando non era compreso da tutti, anzi spesso ci sentivamo dire che era un tema poco interessante per il parrucchiere. La svolta è stata quella invece di capire che i parrucchieri sono innanzitutto persone come tutte le altre, con pensieri, desideri e attenzioni che vanno al di là del loro mestiere. Questo nuovo approccio ci ha permesso, inizialmente con un piccolo gruppo di fedelissimi poi con gruppi sempre più ampi di saloni, di fare discorsi sempre più avanzati e di iniziare a trasformare il settore , combinando il successo del singolo salone con il suo impatto sulla comunità, sulla società e sul pianeta, per  contribuire a renderlo migliore iniziando dal rispetto dell’ambiente. Parlare di bellezza sostenibile rappresenta dunque una pietra miliare: adesso sono temi riconosciuti dai più ma per dieci anni abbiamo dovuto lottare per farci capire. Alla fine il merito di questa azienda è stato proprio di riuscire a conciliare bene ciò che fa parte da sempre del suo DNA – e cioè la spinta all’internazionalità e il gusto e il piacere di fare delle cose belle, a cominciare dalla cura del design dei prodotti, con un approccio sostenibile ed etico, che coinvolge tutti i suoi interlocutori, in primis i clienti parrucchieri.

Qual sarà il tuo apporto nel CdA di Davines? 

Essere nel consiglio di amministrazione significa ricoprire un ruolo di indirizzo e controllo che può avere anche una valenza strategica, ma sempre nel rispetto delle prerogative del management a cui spetta la gestione dell’azienda. La vita dell’azienda è infatti caratterizzata nel quotidiano non tanto dall’attività del CdA, quanto dal dialogo e dal confronto fra le figure chiave dell’azienda, in primis Davide Bollati e Anthony Molet, finalizzato a lavorare sempre al meglio.

17 anni in Davines significa anche aver fatto un pezzo di strada con nomi eccellenti: c’è un ringraziamento che ti senti di fare? 

La lista è lunga, ma sento di dover ringraziare in modo particolare chi è entrato nella famiglia Davines magari all’inizio più per fiducia personale nei miei confronti, per poi innamorarsi del progetto imprenditoriale della famiglia Bollati. Parlo ad esempio di Andrea Diobelli e di Lamberto Bisognin, arrivati a distanza di qualche mese da me e con i quali parlando un linguaggio comune è stato facile creare la sintonia che è alla base di qualunque progetto di successo. Ci sono poi persone straordinarie che erano già all’interno dell’azienda come Vittoria Mangiarotti e Barbara Gavazzoli, che sono state compagne di viaggio stimolanti e leali. Un’altra grande capacità dell’azienda è l’essere riuscita a conciliare l’evoluzione e il cambiamento, e quindi  il dare spazio a persone nuove, con la valorizzazione di chi passo dopo passo ha edificato  questa realtà straordinaria.

Che eredità ti ha lasciato la pandemia? Che cosa hai potuto trarre da questi mesi inaspettati e senza precedenti per tutti?

Ho avuto la conferma che la cosa più importante sta nel saper costruire rapporti di fiducia. Ad affrontare meglio tutta questa situazione e ad uscirne più forti sono state le aziende che hanno lavorato bene già da prima dell’emergenza, che hanno saputo costruire buoni rapporti con i propri clienti ma anche tra colleghi. Sapere di essere sulla stessa barca, di lottare per andare nella stessa direzione dando il meglio di sé aiuta a superare ogni crisi, da quella della pandemia alle crisi generali del mercato, a difficoltà che possono nascere anche per motivi aziendali interni. La vera forza sta nel costruire rapporti positivi. Fuori e dentro l’azienda.

Se dovessi parlare dei successi più eclatanti di Davines nel mondo di quali paesi parleresti?

L’azienda ha fatto davvero un lavoro straordinario in Nord America, ovvero negli Stati Uniti e in Canada. Un successo dovuto a tante ragioni, non ultimo al rapporto di fiducia che si è creato con i distributori e di cui Anthony Molet è stato protagonista assoluto. In questo periodo stiamo ottenendo un successo importante anche in Francia, un successo sorprendente perché per ovvie ragioni si tratta di un paese non facile da conquistare.

Essere il papà di tanti prodotti è un po’ come avere tanti figli; se dovessi indicare un prodotto Davines a un salone che magari si avvicina in questo momento all’azienda, quale sceglieresti?

La linea che più rappresenta in pieno l’azienda dal punto di vista concettuale è Essential hair care, una linea che ha in sé tutti i valori del brand, sia il bello che il buono.

A livello affettivo, invece, sono molto legato a OI. Non solo perché è un best seller ma perché c’è una storia dietro: quando è nata questa linea, come famiglia di Essential dovevamo trovare un nickname utile a favorire un rapporto intimo con il prodotto, ma non c’era nulla che ci piacesse, che stimolasse la nostra creatività. Così proposi di chiamarla con il soprannome di mia figlia Aurora che da piccola, non riuscendo a nominare il suo nome, diceva ‘Oioia’, diventato poi OI. Immaginate la sua faccia quando sono arrivato a casa con i prodotti e le ho detto che erano stati fatti per lei. Tra l’altro – ma questo è un caso – l’immagine che accompagna la linea è quella di una ballerina di danza classica e lei da bambina faceva proprio danza classica!

Che messaggio vuoi dare ai parrucchieri?

Vorrei dire loro di non accontentarsi di essere un parrucchiere qualunque ma di andare alla ricerca della propria identità con la consapevolezza del valore che si offre alla propria clientela. Non devono mai smettere di formarsi – e deve essere una formazione che va al di là degli aspetti professionali tradizionali. Oggi ad esempio diventa sempre più importante sapere fare un buon marketing per il salone. Non è detto che tutti debbano farlo per conto proprio ma l’importante è che si appoggino a chi lo sa fare: avere un cliente che entra in salone 6 volte all’anno è diverso da avere un cliente che entra 7 volte. C’è un’enorme differenza! Quello che Davines ha sempre cercato di fare – e che continuerà a fare – è di cercare un’alleanza con i propri parrucchieri partner e far sì che la clientela finale esca dal salone con la voglia di tornarci al più presto, che si guardi allo specchio e dica grazie al proprio parrucchiere. Questo è quello che l’acconciatore deve avere sempre in mente, questi gli obiettivi che devono stimolarlo nella sua attività.

Come sempre hai dato tanti consigli utili: hai pensato di scrivere un libro?

In realtà sto scrivendo un testo sull’uso del tempo, su come usarlo in maniera ecologica. Il tempo è una risorsa non rinnovabile e quindi preziosa, imparare ad usarlo bene può cambiare la vita delle persone. Non so se diventerà un libro, ma mi piace contribuire a rendere migliore la vita delle persone che mi stanno accanto.


 ANTHONY MOLET, NUOVO CEO DEL GRUPPO DAVINES

Il racconto della tua carriera con focus sui passaggi più significativi

Sicuramente una decisione importante è stata quella di trasferirmi a New York dopo essermi laureato in Francia alla Business School. Ho iniziato a lavorare nella beauty industry a New York quando avevo solo 22 anni, e questo è stato un passaggio sicuramente importante perché negli Stati Uniti ho avuto la possibilità di crescere molto in fretta. Un altro passaggio importante è stato quando ho incontrato Davide (Bollati), all’epoca Davines non era un brand molto conosciuto, e io mi sono impegnato con Davide a rimanere negli USA come CEO di Davines North America, che poi è diventato il nostro principale mercato. È stata una grande avventura per me.

Qual è la visione del tuo nuovo ruolo?

La mia visione continua ad essere molto focalizzata e coerente rispetto ai nostri obiettivi condivisi. “Essere i migliori per il mondo, creatori di buona vita per tutti, attraverso la bellezza, l’etica e la sostenibilità.” La coerenza è un fattore chiave nel nostro business. Non sono qui per reinventare o cambiare rotta, ma per evolvere. Paolo Braguzzi ha creato un business straordinario basato su questi valori, che io vorrei continuare a far crescere. Un altro elemento chiave, a prescindere da quanto l’azienda diventerà grande, è quello di assicurarmi che l’azienda rimanga umana e conservi un approccio umano nei confronti dei nostri clienti e collaboratori.

Avere da Anthony la presentazione dei principali collaboratori del percorso appena iniziato.

Il mio ruolo è molto più completo ora, e oggi come oggi ogni reparto/settore è centrale in questo momento, al punto che non riesco a individuare nessun reparto/settore specifico come principale. Siamo tutti interdipendenti. Il mio ruolo è appunto assicurarmi che tutti i reparti/settori lavorino bene insieme.

Il tuo punto di vista su principi cardine di Davines?

Innanzitutto, uno dei nostri principi fondanti è valorizzare ciascun membro della nostra community che contribuisce quotidianamente a mantenere vivi i nostri valori etici nel fare business. Oggi siamo noi a condurre il discorso intorno alla “Crescita sostenibile” principalmente grazie a Davide Bollati che non ha mai rinunciato alla sua visione pionieristica di bellezza sostenibile. Lui è una fonte di ispirazione per me in quando CEO del gruppo Davines e anche per i due nuovi general manager – Mark Giannandrea e Arnaud Goullin – che si sono uniti a noi nell’ultimo anno per guidare rispettivamente le nostre divisioni hair & skincare. Entrambi, con i loro ruoli, contribuiranno a dare priorità ai nostri valori chiave in termini di sostenibilità. Infine, in quanto B Corp, promuoviamo costantemente i nostri core values attraverso collaborazioni interdipendenti all’interno e all’esterno della nostra organizzazione.

Quale eredità/insegnamento ci lascia la pandemia e quale futuro post-Covid?

Ho guardato alla pandemia con modestia: milioni di persone nel mondo hanno perso le proprie vite e il proprio lavoro, è stato un periodo di grandi riflessioni in Davines. Parlo di modestia per il modo in cui siamo stati in grado di gestire la situazione, e perché siamo stati molto fortunati. La pandemia ha fatto sì che, grazie al digitale, potessimo essere vicini anche se distanti.

Davines Village

Spaziando nel mondo e nella crescita di Davines nei vari paesi: quali sono due traguardi che hai già messo nel mirino?

In totale, nell’industria dei saloni professionali abbiamo uno share del 1,5%, questo significa che abbiamo un ampio margine per crescere in tutto il mondo. Nello specifico, la Cina rappresenta una grande opportunità. Noi abbiamo preso la decisione di rimanere un’azienda cruelty-free, quindi per ora il nostro business in Cina è quasi interamente un business cross-border, ma da maggio la regolamentazione in Cina sta cambiando, e ci auguriamo che nei prossimi mesi saremo in grado di vendere lì i nostri prodotti evitando i test sugli animali.

Qual è il prodotto cult di Davines e perché?

Il nostro ultimo lancio, la linea Essential Haircare Shampoo bars, è sicuramente tra i miei prodotti preferiti, è molto utile quando si viaggia, il packaging è 100% riciclabile e accattivante, quindi perfettamente in linea con la filosofia Davines.

Un tuo messaggio ai parrucchieri Davines.

Voglio lanciare un messaggio di speranza, poiché per quanto il 2020 sia stato un anno difficile per tutti i parrucchieri, sono molto fiducioso già per i prossimi mesi. La beauty industry è sempre stata estremamente resiliente e molto più resistente rispetto ad altri settori. Negli Stati Uniti, dove l’accesso ai vaccini è molto semplice, c’è stato un rimbalzo dell’economia e dell’hair industry notevole, per questo sono fiducioso. Anche in Italia i vaccini sono sempre più disponibili e le attività hanno ripreso… rimango ottimista per i prossimi mesi.

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