Un punto con la celebre coiffeuse milanese sul presente (ma anche sul passato e sul futuro) della coiffure. A cavallo tra la moda di colori sempre più particolari e la riscoperta dei capelli al naturale.
Una vita al di fuori del coro, con una vocazione al (vero) naturale che trascende le logiche di marketing. È quella di Dina Azzolini, notissima acconciatrice delle star degli anni Sessanta, che già quarant’anni fa ha invertito la rotta e deciso di fare a meno di ogni tipo di trattamento chimico. Dedicandosi a ogni cliente con la professionalità e la cura tipica dell’artigiano che deve esserci dietro a ogni acconciatore. L’abbiamo incontrata, per fare un punto sul mondo della coiffure, nel suo spazio di via Kramer 33 a Milano.
Uno spazio che già a prima vista nulla ha a che fare con un tradizionale salone. Due sole postazioni, rigorosamente separate tra loro, e una cliente alla volta. “Perché soltanto così si instaura un vero rapporto con la cliente, senza né fretta né file di poltrone in serie” ci spiega. “Qui mi posso dedicare al taglio, personalizzato per ciascuna, per bilanciare forma, volume, scala a seconda della persona che ho davanti. Un taglio che non ha bisogno di altri ritocchi per 3-4 mesi”.
A lei abbiamo voluto chiedere innanzitutto che cosa si intenda per ‘naturale’, vocabolo sempre più utilizzato dalle aziende e ricercato dalle clienti.
“Capelli al naturale significa restare come si è. Significa avere una bella forma, avere la propria forma, non cambiando taglio a tutte le stagioni, un po’ come si cambia il guardaroba. Seguendo la moda, si perde la propria personalità. Ormai le donne sono tutte uguali, o con i capelli piastrati o con i due boccoli sul davanti”.
Ma non soltanto le donne…
“Certo! Nel mondo del consumismo si vuole far diventare tutti uguali, anche gli uomini. Ora sono tutti con la barba”.
Tutti a inseguire la moda, quindi. Qual è il rischio?
“La moda cambia le persone. È la conseguenza del consumismo. Non bisogna comprare qualcosa che dura, c’è sempre soltanto bisogno di cose nuove ed è sbagliato. Basta pensare anche solo all’inquinamento che creiamo con tutta questa spazzatura… E soprattutto c’è la schiavitù: non riesci più a cambiare l’abitudine, anche se dall’altra parte c’è una grandissima voglia di essere se stessi. E la moda cancella il se stessi”.
E il rischio per il mestiere di ‘parrucchiere’?
“Non mi piace il termine, ricorda troppo le ‘parrucche’. Comunque ci si è allontanati troppo dall’artigianato. Inseguire la moda e fare trattamenti su trattamenti prima di tutto fa perdere il rispetto umano, perché è responsabile di rovinare i capelli. In alcuni casi anche la salute. E poi si crea inquinamento. Non credo che questo stile di vita potrà durare molto, perché anche il mare quanto potrà continuare ad assorbire tutto quello che produciamo?”.
Come dovrebbe muoversi quindi il parrucchiere che voglia davvero parlare di capelli al naturale?
“Ci va prima di tutto una presa di coscienza, e poi semplicemente del coraggio. Passare al naturale non è una moda, è una presa di coscienza. Quando nel 1978 ho chiuso il mio salone con 24 dipendenti, in molti mi hanno detto ‘tu te lo potevi permettere’. Non è vero, ma io ho scelto di dare un servizio che si avvicina all’artigianato, fatto con le forbici. Un servizio che fa bene e con cui i capelli migliorano moltissimo. Sono sicura che oggi ci sia qualcuno con la passione che trova la sua strada, una strada vicina alla mia. Qualcuno che sceglie di non diventare solo un ‘rappresentare di prodotti’ e di non vendersi. Oggi spesso non si dà valore al taglio, che dovrebbe essere la cosa più cara per un parrucchiere, più del colore. Fare un taglio che valorizzi e arricchisca è il vero lavoro, e il resto è l’applicazione di un prodotto che, con criterio, potrebbe fare la cliente anche a casa. Il concetto è simile a quello della pulizia del viso ma applicato ai capelli. Quando esci non hai qualcosa in più, sei tu. E i capelli respirano”.
E una donna che voglia avere capelli al naturale cosa dovrebbe fare?
“Nei capelli è bello infilare le mani, è bello muoverli. E c’è bisogno di ricreare ‘il rito’ con i propri capelli. Ci stiamo impegnando molto per ricrearlo, anche quando le persone tornano a casa. Le clienti non vengono qui ogni settimana, ma ogni 3-4 mesi e continuano il lavoro a casa. Devono stare sedute, spazzolarsi i capelli, usare determinati prodotti prendendosi il tempo che serve. E in uno spazio appositamente strutturato. I capelli sono come una pianta, hanno bisogno di attenzioni. Ci sono donne intelligentissime schiave della tintura: bisogna tirar fuori un coraggio incredibile per smettere. Perché tingersi, un po’ come farsi la plastica, vuol dire anche non accettare la vecchiaia. Bisogna pensare che essere se stessi è molto conveniente: se uno vuole essere giovane a tutti i costi, non partecipa delle gioie della vecchiaia. Perché la vecchiaia ha anche cose belle e negandole rischi di perderle tutte. E poi diciamolo, alcune volte a esagerare nel sembrare giovani si diventa anche patetiche.
Grazie a me sono oltre 3.000 le donne che hanno abbandonato il colore. All’inizio c’è sempre la paura della riga, con l’impressione che tutti notino la ricrescita. E poi naturalmente ci sono le amiche tinte che non saranno mai d’accordo con te. Ma quando è finito tutto (e se hai i capelli corti bastano 4-5 mesi), in molte ti dicono ‘sai che stai meglio di prima?’ e qualcuna segue il tuo esempio. Ecco, a quelle che mi chiedono cosa fare per la riga, dico che bisogna tirare fuori il coraggio”.
Come sono cambiati i capelli nel corso del tempo?
“Abbiamo metà capelli da quando io ho cominciato a lavorare. E pensate, ho cominciato nel 1949 a fare le onde a ferro. Un tempo non si lavavano i capelli spesso come adesso, si lavavano a ogni cambio di stagione e poi si usavano prodotti per pulire (ad esempio l’alcool). Ricordo che poi si era cominciato a lavarli una volta al mese. La prima messa in piega era una volta al mese, poi ogni 15 giorni e poi via via fino a due volte alla settimana.
E fra trattamenti e prodotti a oltranza, ora i capelli sono più secchi, ed è grave perché i capelli hanno bisogno di nutrimento. Io penso ai capelli come alla pelle e li nutro prima di lavarli”.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Ho un’esperienza di 40 anni nei capelli al naturale e sto cercando di fare tutto perché non venga persa. Tra i diversi progetti che ho, uno è quello di lasciare un tipo di taglio che può essere molto utile ai parrucchieri che hanno una sensibilità per il naturale. Un taglio che ha la funzione di far stare bene i capelli in maniera naturale. Perché considero i capelli come parte del corpo, non come strumento di bellezza. Ma per ora non voglio svelare altro, se ne riparlerà in autunno.
Poi stiamo creando un mobile, la petineuse, che riprende quello che c’era nelle case negli anni Cinquanta-Sessanta. Un mobile concepito in modo da ricreare ‘il rito’, riproducendo a casa ciò che normalmente si fa dal parrucchiere, ma in maniera più rilassata, più vera. Il mobile è stato creato e progettato, ora stiamo cercando un produttore. Vorrei aprire un piccolo varco a chi fa il mio mestiere: come nel cibo si è aperto un canale naturale, così vorrei succedesse anche nel nostro settore. Ma naturale per davvero, non quello che è spacciato per. Perché finalmente sento tanta gente che vuole essere naturale, anche tra i giovani. Attenti in maniera più consapevole. E comincio a incontrare anche degli acconciatori attenti, con i quali vorrei creare delle sinergie.
E per ultimo, dato il vasto archivio fotografico che ho, mi piacerebbe allestire una mostra. Ma anche in questo caso ne riparleremo più in là”.
Hai cambiato radicalmente la tua vita oltre che il tuo lavoro. Ti sei mai pentita della scelta?
No, rifarei tutto. Il mio lavoro è mio figlio: ho cominciato a 10 anni a occuparmi di coiffure e ora sono 68 anni, di cui 40 nel naturale. Ed è il mio lavoro che mi mantiene giovane. Per me è una cura.
Crediti foto: Maria Cristina Vimercati.