3 Giugno 2023

Permanente. Il racconto di 7 hairstylist

La permanente è un servizio che negli anni ha attraversato tantissime evoluzioni. A raccontarcele, sette hairstylist internazionali.


Da quel lontano ottobre del 1906 in cui vide la luce il primo tentativo ufficiale, la permanente ha avuto una storia densa di trasformazioni che l'hanno portata fino ai giorni nostri (potete leggerla qui). A distanza di oltre un secolo, vogliamo porgere un omaggio a questo servizio raccogliendo i commenti di sette icone della coiffure internazionale che l'hanno vissuto da protagonisti. A raccontare ieri, oggi e il domani della permanente: Salvatore Fodera, Gigi Gandini, Lluís Llongueras, Raffel Pagès, Francis L. Rhod, Tony Rizzo e Sergio Valente.

La prima permanente non si scorda mai

Un fil rouge attraverso il tempo. La permanente può a buon diritto considerarsi un indicatore delle tendenze e dell'evoluzione del gusto estetico nei decenni. Per questo abbiamo chiesto prima di tutto quale fosse il posizionamento di questo servizio dopo il secondo conflitto mondiale: sono infatti gli anni Cinquanta a portarlo alla ribalta, simbolo coiffure della ricostruzione…

“In quegli anni la permanente era al suo picco – racconta Lluís Llongueras – le donne evitavano i capelli lisci. Ogni giorno in tutti i saloni si facevano 10 o 15 permanenti.

I liquidi però erano molto aggressivi, ricordo che provocavano vere e proprie piaghe alle mani”. Aggiunge Gigi Gandini: “Professionalmente sono nato nel momento della permanente a vapore, quando bastava sbagliare l’inserimento di una cannuccia per scottare la cliente. Era intorno agli anni Cinquanta. Dalla permanente a vapore siamo poi passati a quella a tiepido, poi a freddo con l’acido tioglicolico. Nel tempo è cambiata completamente la tecnica. Oggi, al contrario di allora, non si cerca il riccio ma si valorizza il volume”.

Stesso quadro anche da Salvatore Fodera: “Quando ho iniziato la permanente era molto popolare e parecchie aziende erano in competizione fra loro nel proporre la lozione con il profumo più gradevole e con le caratteristiche di trattamento migliori”. Tendenza completamente diversa nel decennio successivo, racconta Sergio Valente: “Ho iniziato nel 1960 da Filippo Ulpiani a Roma, a quel tempo le permanenti – erano già quelle a freddo – erano portate dalle persone più mature. Si trattava di anni di rottura in cui Filippo, Vidal Sassoon, Vergottini facevano i caschetti, e si stiravano i capelli con il ferro e con il phon come oggi. La permanente era un servizio richiesto solo da una ristretta fascia di persone che desiderava essere sempre in ordine”.

Anche Raffel Pagès ricorda esordi simili: “Quando ho iniziato la mia formazione cominciava a diffondersi la permanente a freddo, fino ad allora nel salone dei miei genitori avevo sempre visto quelle a caldo”. Nel tempo l'interesse per la permanente torna a crescere. “Negli anni Settanta – dice Tony Rizzo – quando ho iniziato la mia carriera la piega con i bigodini e la permanente erano di uso comune, gli acconciatori la utilizzavano spesso per creare quell'effetto voluminoso che tutte le persone volevano”. E negli anni Ottanta il boom, come testimonia Francis L. Rhod che ha aperto il primo salone a 25 anni nel 1982: “Quando ho iniziato, la permanente rappresentava da sola il 35% dei servizi tecnici in salone”.

Permanente. L’età dell’oro

È possibile tracciare un'epoca dorata per la permanente? Dalle risposte dei nostri acconciatori sì, con margini più o meno ampi a seconda delle esperienze individuali. Ma tutti concordano sugli anni Ottanta.

Come spiega Gigi Gandini: “È stata in auge dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta. A partire dal 1985 in Italia ha cominciato ad arrivare lo stile anglosassone con Vidal Sassoon e la permanente è gradualmente scomparsa”. Lo conferma Llongueras, che individua il momento favorevole “in tutto il periodo dagli anni Sessanta fino agli Ottanta, inclusa anche una parte dei Novanta, quando iniziò a cambiare la tendenza”.

Tony Rizzo ricorda che “negli Eighties la permanente prese sempre più piede. Sanrizz realizzò diverse tecniche per restare al passo con quella moda sempre in movimento, influenzata dal Neo Romanticismo: permanenti parziali, a spirale, stretch, solo sulle lunghezze, double wrap, mop e piggy back…”. Esperienza analoga per L.Rhod: “L'apoteosi della permanente si è raggiunta indubbiamente negli anni Ottanta”.

Salvatore Fodera, invece concentra l'attenzione sul concetto stesso del servizio, al di là dell'epoca di maggior successo: “Il picco è rappresentato dalla tecnologia in sé: la trasformazione dei capelli da lisci a ricci grazie a una macchina che sembrava pericolosa, ma che in realtà costituiva un'invenzione molto avanti rispetto ai tempi”.

Permanente. Alti e bassi di uno styling

Essendo molto connotante, non stupisce che la permanente abbia attraversato fasi di consenso e fasi di indifferenza. Ricorda Sergio Valente:

“Negli anni Settanta avere i capelli ricci era uno scandalo: tutti stiravano i capelli. Negli Ottanta, invece, c’è stato il vero grande boom: andavano di moda gli scalati, c’era bisogno di volume. Le clienti richiedevano permanenti una dopo l’altra e i capelli si rovinavano facilmente se l’acconciatore seguiva incautamente i loro desideri. È stato questo il motivo che ha portato a un graduale rifiuto alla permanente, finché è poi praticamente scomparsa”.

Per Francis L. Rhod “negli anni Ottanta ha avuto il suo picco, cui è poi seguito il declino. Oggi è un servizio che fa fatica a trovare il suo posizionamento. Malgrado i tentativi di rimetterla in pista delle stagioni passate, non raggiunge comunque la popolarità di una volta”. Una riflessione che condivide anche Tony Rizzo: “l'industria si è evoluta, ma la permanente non si usa più tanto. Parziale e sulle lunghezze viene ancora utilizzata per creare un movimento controllato, al contrario il lisciaggio è sempre più popolare”.

Concorda Pagès: “Il concetto di permanente si è evoluto molto grazie all'apporto dei prodotti di styling, tuttavia come servizio in sé non riesce a incontrare i gusti della donna di oggi, che preferisce i capelli lisci o con movimenti dolci e naturali”. Più ottimista Gandini: “Stiamo abbandonando una fase ventennale d’impronta anglosassone per entrare in una fase latina. Noi latini tralasciamo un po' la perfezione della tecnica per volgere più attenzione al rendere la donna più dolce, più armoniosa, più femminile. In questo senso la permanente cambia completamente il modo di vedere la donna acconciata”.

Fodera apprezza invece il progresso della tecnica: “in genere, la permanente fa pensare a look ricci se non persino frisé, ma oggi è diventata ben altra cosa grazie ai progressi della chimica e alle aziende che formulano prodotti ricercando innovazione e qualità negli ingredienti”.

Permanente. Celeb addicted

Tutti noi ricordiamo dive del cinema o dello spettacolo che hanno orgogliosamente portato la permanente. Per questo abbiamo chiesto ai nostri hairstylist se hanno avuto qualche perm addicted celebre fra i loro clienti. Fodera non fa nomi ma scherza affermando: “qualcuno è stato davvero un perm addict? Se c'è stato, è comunque passato da un look 'barboncino' a uno più morbido e ondulato”.

Al contrario Llongueras dichiara: “Faccio questo mestiere da 60 anni, sarebbe una lista interminabile!”. Sergio Valente vanta un portfolio variegato: “Ho avuto delle clienti nella sfera della nobiltà che me l'hanno chiesta, mentre fra attrici o modelle l'unica di cui ricordo che forse la portasse è Stefania Sandrelli: fu mia cliente di passaggio mentre era a Roma per le riprese di un film. Ancora adesso mantiene più o meno lo stesso look”.

Pagès rispetta la privacy ma ci offre una riflessione interessante: “Non amo fare nomi delle persone famose, ma posso confermare che era un servizio coiffure abituale per qualsiasi tipo di cliente”. E Tony Rizzo lo conferma con una cliente davvero d'eccezione: “Posso citare la Regina Elisabetta II: ha sempre avuto la permanente e se la fa fare tuttora”.

Permanente. Oggi

E oggi? Quali sono le opinioni prevalenti su questo servizio? Secondo Pagès e Llongueras:

“I prodotti sono di qualità, ma è un servizio poco richiesto. La maggior parte delle clienti vuole dare volume a chiome modeste, con capelli molto fini. La permanente offre invece un mood molto più di impatto e allegro”.

“Oggi ci sono tantissimi tipi di permanente” – continua L. Rhod – “L'industria si è impegnata molto, tuttavia ha un posizionamento minimo perché i capelli ricci non sono più di tendenza. Malgrado le immagini che circolano, questo servizio non seduce più la donna moderna”.

Stesse conferme dall'Italia, con Valente che afferma “Non è uno stile molto presente. Non si può fare solo per una sfilata, neanche le modelle vogliono portarla. Quando è necessario ottenere l’effetto permanente si ricorre ai prodotti di styling”. Per Gandini: “C’è un ritorno della permanente con prodotti molto soft, che non rovinano la struttura del capello.

Se un parrucchiere vuole seguire la tendenza volume, un supporto di permanente, anche leggera, è indispensabile”.

Secondo Salvatore Fodera “Oggi la permanente è morbida, leggera e in alcuni casi si può realizzare anche senza rolli. Chi lo avrebbe mai detto! Ciuffi, onde, ricci, qualsiasi cosa può essere realizzata per personalizzare il look secondo le tendenze in corso. Anche gli uomini scelgono di movimentare piccole porzioni della capigliatura per ottenere una struttura più resistente, dare volume alle radici senza arricciare, e i risultati sono notevoli”.

Permanente. Mi ricordo quella volta che…

“Alla permanente è legato il ricordo peggiore della mia carriera! – racconta Gigi Gandini – “Una brutta esperienza con quella a vapore: mi è successo una o due volte di aver sbagliato l’inserimento della cannuccia e di scottare la cliente”. Racconta Pagès: “La mia prima permanente a caldo l’ho fatta quando studiavo da Henry Colomer. Ho appoggiato la pinza bollente sull’orecchio della cliente invece che sopra il bigodino. Lei ha iniziato a gridare e tutti gli altri studenti si sono messi a ridere. Dopodiché è arrivata una sfuriata del professore!” .

Incidenti di percorso anche per Sergio Valente: “Filippo, il mio maestro, diceva sempre 'mi raccomando massima attenzione, perché il liquido può cuocere i capelli e l’elastico tagliarli'. E infatti, fra gli aneddoti curiosi, posso ricordare che mi è successo proprio questo”. Mentre Llongueras ci fa riflettere sui rischi del mestiere: “Fra il 1955 e il 1956 ho dovuto prendere una pausa dal lavoro di qualche mese perché avevo le mani piagate. La cosa buffa è che il dermatologo, dopo avermi visitato, parlò molto seriamente con i miei genitori avvisandoli che dovevano abituarsi all’idea che 'non sarei riuscito a fare il parrucchiere'!”.

E poi ci sono gli aneddoti legati ai cambi di look inaspettati. Come nel caso di Tony Rizzo: “Un giorno decisi di creare un nuovo look per mia moglie. L'idea fu quella di creare un effetto wash and wear per cui scelsi di farle la permanente. Sorpresa: l'ha totalmente trasformata ed è stato davvero un successo!”. O come nel caso di un cliente speciale di L. Rhod: “L'attore Jacques Villeret venne in salone per farsi fare una permanente, era nel mezzo delle riprese di un film. Il servizio prese talmente bene che l'équipe di acconciatori della produzione non riuscì a far tornare lisci i capelli dell'attore e fu necessario modificare la scena successiva”.

Salvatore Fodera ricorda invece una procedura particolare: “con la famosa macchina per la permanente i capelli venivano legati stretti ai singoli bigodini, che al capo opposto avevano i cavi. Non importa ciò che succedesse intorno a loro: le signore dovevano stare sedute lì fino a quando il processo della permanente non era terminato. Addirittura, se non erro, durante la Prima Guerra Mondiale le clienti dovevano firmare una liberatoria che, in caso di allarme aereo, permettesse ai loro acconciatori di allontanarsi per andare al riparo. Una dimostrazione di quanto, anche in quella situazione, l'importanza di un hairstyle fatto bene superasse la necessità di mettersi al sicuro!”.

Permanente mon amour?

Una cosa che non si pensa mai di chiedere agli acconciatori è se amano gli styling che realizzano. Lo abbiamo fatto con i nostri 7 protagonisti di questa inchiesta. Perché anche l'occhio del parrucchiere vuole la sua parte. E si scopre per esempio che L. Rhod ama particolarmente questo servizio perché “trovo che richieda una vera abilità tecnica, oltre a offrire una significativa varietà di risultati, dall'onda al boccolo”. Così come Tony Rizzo la apprezza perché “in generale amo modificare la struttura del capello e la permanente è un ottimo modo per creare questo particolare effetto”.

Per Gandini “se vogliamo seguire la tendenza volume, c’è bisogno anche di questo supporto”. Mentre Sergio Valente la riscopre perché “la trovo particolarmente espressiva su un capello corto/medio. Sui capelli lunghi pesa, ma può risaltare lo stesso.” Al contrario, Pagès afferma che “commercialmente mi interessa e mi piace, ma come professionista credo che il riccio invecchi. Bisognerebbe reinventare una forma o un movimento più dolce, imitando le linee naturali”.

Più pragmatico Llongueras: “Tutte le tecniche, tutti i processi sono validi. Sono strumenti interessanti per guadagnare dai nostri servizi e incrementare il business. Il bravo professionista non deve mai essere contrario a nessuna tecnica, a nessuna possibilità. E conoscendo i ritorni nella storia della moda, si può prevedere che fra qualche anno o decennio la permanente (o comunque il capello riccio) tornerà ad essere un must fashion”.

Sulla stessa linea anche Fodera: “Amo tutto ciò che fa parte della coiffure, perché non reinventiamo mai nulla, piuttosto modifichiamo e miglioriamo costantemente attraverso l'innovazione e la tecnologia. C'è spazio per tutte le tecniche che aiutano a modellare il capello e dovremmo essere sempre disponibili ad adeguarci ai trend del futuro”.

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