7 Ottobre 2024

Obiettivo Turello

Dalla laurea in architettura all'immagine. Collezionista e fotografo di rilievo internazionale, amato dalle celeb, Amedeo M.Turello racconta la sua vision.
di Laura Castelli


Dinamico, frizzante, sensibile. Dalle mille passioni e qualche rimpianto. La sua carriera di fotografo inizia quasi per caso, frutto di un workshop durante le vacanze estive e di una coincidenza voluta dal destino.

Dalla laurea in architettura alla fotografia: come nasce la tua carriera?
Negli anni '60 tutti i marchi del made in Italy nel ramo dell'arredamento di interni e design che si stavano trasformando in industrie – come l'azienda di mio padre – facevano studiare da architetto i primogeniti maschi. In ogni caso a me piaceva tantissimo: a Torino c'era anche un humus molto particolare legato alla tecnologia e al Car Design.

Così sono stato tra i primi nel Sud della Francia a fare graphic design e lavori di pre-press a computer: ho iniziato a lavorare per un grande gruppo alberghiero di Monaco ristrutturando una loro rivista e trasformandola in Style Montecarlo, un magazine di moda distribuito anche per un certo periodo dal gruppo Condé Nast e che poi ho deciso di vendere perché amo affrontare sempre nuovi progetti. Così ho iniziato a lavorare con tutti i fotografi che passavano per Montecarlo e quando Helmut Newton è morto tutto il team che lavorava con lui ha iniziato a lavorare con me. Per questo i miei primi lavori – alla fine degli anni '90 – erano ancora molto connotati dallo stile di Helmut, anche se poi sono riuscito a staccarmi da quell'etichetta. Tutto ha avuto inizio da lì.

C'è una foto in particolare che ti ha fatto decidere di diventare fotografo?
No, ci sono tanti fotografi che mi piacciono ma sono quelli classici: non amo chi fa della sperimentazione uno stile, chi usa i filtri di phostoshop caratterizzando il suo lavoro dall'utilizzo della tecnica. Mi sembra superficiale, a me piacciono i fotografi che hanno uno stile consolidato: Avedon, Lindberg, Penn, Horst, Scavullo.

Hai un'incredibile collezione: oltre 1.500 immagini dedicate alla bellezza…
È nata per caso, 15 anni fa. Ho iniziato a comprare le immagini dai fotografi che mi piacevano e in quegli anni si poteva perché tutto era accessibile. L'avvento del digitale ha generato un forte processo di “democratizzazione” che ha favorito il collezionismo. Ho due progetti per la mia collezione. Una mostra a Roma oppure accettare l'offerta di una casa d'arte francese: una serie di esposizioni itineranti e poi la messa all'asta. Sono tentato perché penso che si debba sempre rimanere attuali, avere nuovi interessi e curiosità, adeguarsi ai tempi. E talvolta per farlo devi disfarti di qualcosa.

Qual è la sfida che c'è dietro ogni scatto?
È in funzione di ciò che si vuole ottenere. Chi fa fotografia non per arte ma per scopi commerciali alla fine è un mercenario. Come diceva Newton, siamo “pistole in affitto”: si fotografa per soddisfare un'esigenza di mercato. La sfida è quella di fare un'immagine bella ma anche funzionale al successo del brand che si pubblicizza. E non è un limite, ma un aspetto interessante, divertente. Siamo figli di una cultura popolare: oggi non basta scegliere ciò che piace ma anche quello che commercialmente funziona. Lavorare con la celeb: gioie e dolori di fotografare chi è già stato scattato mille volte…

Nei lavori commissionati cerco sempre di rispettare il brief che ricevo dall'azienda. Però in fondo penso che il mio lavoro non possa aggiungere granché a chi è già stato fotografato da tutti. Per cui trovo più interessante lavorare con chi non è ancora nessuno, oppure era qualcuno e adesso non lo è più o tornerà ad esserlo. A me piace la bellezza della anti-diva, i personaggi veri. Anche se sono più difficili da ritrarre: fotografare una celeb è facile perché conosce se stessa e ha fiducia in te. Ho lavorato, tra le altre, con Naomi Campbell, Eva Herzigova, Carré Otis e Carine Roitfeld. Sono donne piacevolissime, meravigliose, con cui è semplice lavorare. Mentre, sembra paradossale ma è così, spesso sono le persone meno note a rivelarsi incredibilmente snob.

Hai un personaggio che ti è rimasto nel cuore?
Carmen Dell'Orefice, che ha oggi più di 80 anni ed è una persona fantastica di cui e con cui si può parlare per ore; ha conosciuto la moda prima della moda. Quando ti racconta la sua vita ti fa venire i brividi, ha una grande classe in ogni cosa che fa.

Coiffure e fotografia: come ottenere uno shooting di livello?
La coiffure è uno degli ambiti più impegnativi: i capelli sono la cosa più difficile da ritoccare. Devi capire da subito cosa puoi rielaborare in una fase successiva e cosa lavorare bene sul set. E prestare massima attenzione alla texture del capello: spesso si caricano troppo con lacche e gel, con il rischio che sembrino impastati, duri. Fondamentale è la preparazione, che conta un 60/70%, ma il resto si gioca sotto le luci. Le foto più belle nascono proprio sul set: da un dettaglio irregolare che dà sapore all'immagine, il “touch” come lo chiamano in America…. I bravi parrucchieri sono quelli di cui sento il fiato sul collo, che si mettono dietro di me per capire cosa vedo in macchina e quale sarà il risultato finale. è la collaborazione col fotografo che dà la melodia…

Meglio uno shooting-verità o ricorrere a qualche posticcio per avere modelle-immagine?
La dialettica tra questi aspetti è sempre molto delicata. Spesso i parrucchieri prestano troppa attenzione ai capelli anziché alla modella nel suo insieme: ma è come scegliere un abito da una vetrina senza provarlo. Magari è bellissimo ma poi non sta bene. Personalmente credo sarebbe interessante per la coiffure e il beauty scattare donne vere, lasciandole tali senza snaturarle. Persone comuni che hanno contenuti diversi da offrire ma che possono ugualmente soddisfare lo scopo.

Fotografia digitale e postproduzione: quale limite?
Le fotografie sono sempre state ritoccate. Adesso è più semplice e veloce col digitale, ricorrendo a software appositi, ma una volta i ritocchi si facevano ugualmente, ricorrendo agli acidi. Il problema è come vengono fatti: ci sono limiti che non dovrebbero essere superati. Personalmente preferisco ritoccare solo alcune imperfezioni – una molletta che spunta dai capelli, un occhio che lacrima – sono un fotografo di stampo classico, non amo la postproduzione massiccia, che perde in verità. Il ritocco nella fotografia è un po' come la chirurgia estetica, che è bella quando non si vede. Non dimentichiamoci che in qualità di fotografi abbiamo la responsabilità di creare degli standard. Assurdo che la gente vada dal chirurgo estetico per farsi ritoccare come la foto di una certa modella che è solo un prodotto di photoshop e non esiste nella realtà…

Organizzi anche eventi legati all'arte e alla fotografia: come il St. Moritz Art Masters…
Sì per me è molto importante a livello creativo: mi occupo di eventi legati all'arte e alla fotografia proprio perché ho bisogno di mille stimoli diversi. è importante lo studio accademico, ma altrettanto importante confrontarsi, guardare, fare cose differenti. è fondamentale perché ti allarga la visione del tutto.

Hai ancora un sogno nel cassetto?
Dal punto di vista professionale mi piacerebbe fare sempre meglio e dare contenuti nuovi. Nella mia vita personale ne ho due: guidare un aereo e suonare la chitarra elettrica. Ma sto per diventare papà per la seconda volta quindi credo mi concentrerò solo sulla musica..

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