29 Marzo 2024

Education sotto accusa

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Legge 174: quale futuro? Sistema formativo frammentato, una preparazione teorica e pratica non adeguata, alti tassi di disoccupazione.


A otto anni dall’introduzione della legge n. 174 (17 settembre 2005) che disciplina l’attività di acconciatore, questo sembra essere il quadro della formazione professionale di base italiana. Per capire come si diventa acconciatori in Italia, partiamo proprio dalla base, dalla legge 174 che muove tutti i fili. Una legge – con delega alle Regioni e protocolli diversi ovunque – che è al centro delle accuse delle associazioni, che puntano ad un superamento per ridare credibilità al sistema formativo italiano. Da parte di tutti – associazioni, acconciatori – un sentire comune: “La crisi è diffusa, certo, ma il settore paga anche un sistema formativo che non funziona”.

Tante sono state le novità introdotte dal disegno di legge, prime fra tutte la qualifica unica di acconciatore – eliminate le tre figure tradizionali di barbiere, parrucchiere per uomo, parrucchiere per donna – e una rivisitazione degli itinerari formativi utile per una migliore integrazione degli acconciatori italiani nel contesto comunitario.

Per raggiungere la qualifica professionale la legge prevede tre iter formativi:

• 2 anni di corso di qualificazione, seguito da 1 anno di specializzazione di contenuto prevalentemente pratico ovvero da un periodo di inserimento presso un salone di acconciatura, da effettuare nell’arco di due anni;
• un periodo di inserimento della durata di 3 anni presso un salone di acconciatura, da effettuare nell’arco di 5 anni, e lo svolgimento di un apposito corso di formazione teorica;
• un periodo di inserimento di 1 anno in un salone, da effettuare nell’arco di due anni, qualora sia preceduto da un rapporto di apprendistato.

Rivisto anche il programma che, accanto alle materie pratiche di taglio e colore, aggiunge nuovi corsi obbligatori: chimica, anatomia, cosmetologia, dermatologia, tricologia non curativa, informatica, lingua straniera, legislazione di settore. A un anno dall’entrata in vigore del regolamento, le Regioni avrebbero dovuto definire i programmi dei corsi e degli esami in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, disciplinare l’attività professionale e adottare le regole per favorire lo sviluppo del settore. Ma come emerge evidente dalle interviste che vi proponiamo, questo è avvenuto solo in parte, creando disomogeneità e confusione.

Cosa fare allora per risollevare una scuola bocciata a gran voce? Quali soluzioni? E in Europa, com’è la situazione? A seguire, le opinioni di quattro protagonisti del settore: Luca Stella, presidente Camera Italiana dell’Acconciatura; Filippo D’Andrea, direttore Ecipa, Ente Confederale Cna di Istruzione Professionale per l’Artigianato e le Piccole Imprese; Elio Vassena, presidente Anam; Gloriana Ronda, rappresentante internazionale di Camera Italiana dell’acconciatura.

Luca Stella

LUCA STELLA

“Mancano uniformità ed efficacia”
“La situazione è piuttosto caotica” dice Luca Stella, presidente Cia. “Entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge le Regioni avrebbero dovuto definire i contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e degli esami in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, cosa che non è avvenuta. Ore di stage, materie, commissioni d’esame seguono regole diverse a seconda della Regione. Addirittura, della Provincia. Inoltre il disegno di legge impone che l’abilitazione venga conseguita dopo aver superato un esame svolto da una commissione di nomina regionale. L’Umbria, per esempio, ha nominato la commissione in pochi mesi, ma in altre Regioni questo deve ancora avvenire…”.

Formazione di base: esiste un elenco di scuole pubbliche professionali?
Non esistono elenchi perché nessuno finora ha mai avuto l’incarico a livello nazionale di farlo. I giovani che vogliono intraprendere questa professione devono recarsi per l’iscrizione al Dipartimento di formazione della propria Regione, dove è presente un elenco annuale
dei corsi di qualifica professionale riconosciuti a livello regionale/provinciale.

Ci si forma di più attraverso scuole/accademie o con l’apprendistato?
Avere la possibilità di formarsi lavorando nel nostro mestiere è importante. Senza però prescindere dai corsi dove, oltre ad imparare come usare forbici e rasoi, ci sono nozioni di cultura generale e specifica.

I corsi sono sufficienti a coprire la domanda?
Se ci fossero più corsi sovvenzionati dalle Regioni, sicuramente si assisterebbe ad un esubero di richieste. Sottolineerei che una formazione di buon livello è senza dubbio un ottimo strumento per trovare impiego: i giovani altamente professionalizzati sono i più richiesti.

I programmi relativi alla ‘qualifica professionale’ soddisfano le esigenze del mercato del lavoro?
Purtroppo non tutte le scuole sono serie. Spesso i formatori non sono così preparati, alcune materie andrebbero approfondite meglio, altre decisamente ridotte e, a livello pratico, i ragazzi imparano poco. Affinché la categoria possa risollevarsi e continuare a crescere, bisogna ripensare al sistema formativo e verificare il buon funzionamento.

I giovani sembrano allontanarsi dalla professione: come riconquistarli?
Dobbiamo migliorare l’immagine dell’acconciatore rivalutando il canale professionale e il made in Italy. La crisi, poi, non ha risparmiato il nostro settore. In Italia contiamo circa 75 mila acconciatori, con un calo di 30mila operatori negli ultimi cinque anni. Solo nel 2012 si calcola che i saloni di acconciatura abbiano perso il 7% del fatturato e scarso ottimismo si rileva anche per il primo semestre 2013 con una contrazione prevista di oltre il 6%. Questa situazione di certo non aiuta a rendere appetibile ai più giovani la professione.

Da presidente Cia, obiettivi futuri in campo formativo?
Il primo passo è verificare lo stato dell’arte di un sistema formativo che oggi si presenta estremamente frammentato: occorre ripensarlo, andando di Regione in Regione, rendendolo davvero uniforme ed efficace su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo principale è l’omogeneità delle tecniche e delle competenze che chiunque intraprende questa carriera deve acquisire. L’impegno della Cia verso i giovani è stato evidenziato al Cosmoprof proprio con l’Hair Ring, pedana dedicata agli acconciatori under 25: allievi di scuole, dipendenti e giovani imprenditori. Una opportunità di crescita professionale e personale. Stare sul palco, esibirsi in una delle più importanti fiere di settore, imparare a parlare davanti a un pubblico internazionale non è cosa da poco.

Filippo D'Andrea

FILIPPO D’ANDREA

“Sistema da riformare”
Un distinguo importante tra istruzione e formazione professionale arriva da Filippo D’Andrea, direttore Ecipa. “L’istruzione è in mano allo Stato, la formazione professionale
è demandata alle Regioni che hanno accoltoin maniera diversa la legge 174 dando vita
ad un sistema polverizzato e disomogeneo. In particolare, alcune Regioni come la Toscana non hanno dato attuazione alla legge”.

Come dare un futuro al sistema formativo?
Occorrerebbe riformarlo dalla base: i contenuti, il corpo docenti, la durata dei corsi… Con la legge Gelmini si era parlato di istituire un Istituto Tecnico del Benesserse, con la durata di cinque anni scolastici: i primi due dedicati alla formazione di base, i restanti alla specializzazione attraverso la scelta tra più indirizzi (acconciatori, estetiste, massaggiatori, tecnici del tatuaggio). Una scuola simile agli Istituti alberghieri o per odontotecnici, con materie specifiche e un corpo docenti preparato. Gli enti di formazione che oggi svolgono questa funzione continuerebbero ad avere un ruolo in accordo con il sistema dell’istruzione. Con l’accordo Stato-Regioni questo non è stato possibile.

Per quale motivo?
Il rischio era incrementare l’abbandono scolastico. Nel nostro Paese questo fenomeno ha raggiunto la percentuale del 19%. Spesso i ragazzi che scelgono la qualifica professionale di acconciatore non hanno intenzione di intraprendere un iter scolastico lungo e impegnativo, vogliono imparare in fretta un mestiere ed aprire magari una propria attività.

Bastano tre anni di scuola per gestire un salone?
Purtroppo no. Una delle lamentele che più registriamo in Ecipa è proprio legata alla scarsa preparazione di chi esce da questi corsi. L’optimum sarebbe la scuola-lavoro: un sistema che permetta ai giovani di lavorare in salone e, contemporaneamente, frequentare corsi teorici.

A che punto è l’apprendistato?
È stato oggetto di riforma nel 2011- con l’approvazione del Testo Unico contenuto nel Decreto Legislativo n.167/ 2011 – e prevede tre tipologie di apprendistato. In particolare, per il settore dell’acconciatura, il Contratto di Lavoro firmato dalle parti sociali regolamenta la tipologia ‘apprendistato professionalizzante’. Si tratta di un contratto di lavoro a pieno titolo: 8 ore lavorative al giorno e, all’interno di queste, 120 ore di “formazione formale” annuale, intesa come formazione realizzata in un contesto didattico adeguato. La recente discussione tra titolari di salone e sindacati si è concentrata proprio sul dove e come svolgere la formazione formale. Particolare rilievo assume il piano di studio individuale perché è lo strumento che consente di definire nel dettaglio la formazione dell’apprendista.

Quali consigli per i giovani che vogliono creare una nuova impresa?
L’indicazione è di definire bene il business plan e valutare gli aspetti finanziari e di mercato. L’attività da intraprendere deve essere coerente con il percorso formativo: oggi il mercato e la concor­renza non consentono tentativi poco calibrati.

Un Paese europeo da prendere ad esempio per migliorare il nostro sistema?
Abbiamo di recente studiato il sistema dell’apprendistato tedesco ed il loro sistema delle qualifiche. Se l’Unione Europea approverà un progetto che abbiamo presentato con partner in Germania, Francia ed Austria, potremo fare uno scambio di competenze su questo tema a livello europeo. Lo scopo è utilizzare le migliori pratiche nell’ambito di una sempre più necessaria integrazione europea del mercato del lavoro.

Elio Vassena

ELIO VASSENA

“Promuoviamo la scuola-bottega”
Anche Elio Vassena, presidente Anam, sottolinea la necessità di un sistema omogeneo a livello nazionale. “L’Anam ha 68 scuole su tutto il territorio nazionale con corsi riconosciuti
dalle Regioni ma programmi diversi a seconda della provincia. Ogni Regione, infatti, si gestisce nell’ambito della legge 174/2005 su parametri interpretativi diversi: materie di studio differenti, ore di stage che variano dalle 300 alle 400 ore a seconda della città. Nella pratica non cambia molto ma, visto che questo diploma è riconosciuto anche all’estero, sarebbe giusto che l’iter formativo fosse uguale in tutta Italia”.

Quanti studenti in Anam prendono ogni anno la qualifica?
Dai 1.800 ai 2.200 ragazzi. Di questi, trova subito un lavoro solo chi è già introdotto nel mestiere, altrimenti non è così facile. I dati rilasciati da autorevoli associazioni dicono che il 93% di chi frequenta corsi diurni non prosegue nell’attività perché a 21 anni escono dalla scuola senza saper far nulla. La soluzione migliore sarebbe promuovere il concetto scuola-bottega: di giorno lavorare in salone, di sera frequentare corsi teorici. Però bisognerebbe cambiare la legge e fare in modo che questi ragazzi non rientrino negli studi di settore, non determinino cioè giro d’affari.

La formula stage non basta?
Il praticantato non esiste! Le 400 ore che i ragazzi dovrebbero passare in salone servono a poco: i titolari non hanno interesse a far crescere gli stagisti e li relegano al lavatesta o alle pulizie. La pratica sulle poupette poi, non è sufficiente. Hanno una testa priva di difetti e capelli che rispondono perfettamente alle tecniche imparate, ma non corrispondono alla realtà. Le clienti vere hanno forme del cranio diverse, differenti tipologie di capelli, problematiche individuali: tutte variabili difficili da gestire per chi non ha esperienza.

E la “scuola salone” non funziona?
Troppi problemi. Bisognerebbe fare ricevuta fiscale e soprattutto intraprendere una lotta contro la categoria che, spesso e volentieri, parla di concorrenza sleale. Alcune scuole Anam hanno un reparto “salone” aperto al pubblico ma le prestazioni sono gratuite e vengono realizzate solo su pensionati o persone che non possono permetterselo.

Come fa una scuola privata ad ottenere il riconoscimento della Regione?
Occorre innanzitutto avere una location adatta, che risponda a specifici requisiti richiesti dalla legge. Poi deve essere stilato e depositato un adeguato progetto formativo, che si rifà alla legge 174. Solitamente sono tre gli iter formativi proposti: corsi riconosciuti e finanziati dalla Regione/Provincia che all’allievo non costano nulla; corsi riconosciuti, con valenza legale anche a livello europeo, a pagamento; corsi privati e non riconosciuti.

Gloriana Ronda

GLORIANA RONDA

A confronto con l’Europa
Questa dunque la realtà italiana. Ma cosa accade in altri Paesi europei? Ci si forma di più attraverso scuola o apprendistato? E i giovani italiani vanno all’estero? Abbiamo girato queste ed altre domande a Gloriana Ronda, rappresentante internazionale Cia: “Per la formazione di base, in Italia non mancano corsi riconosciuti dalle Regioni e/o finanziati dall’Unione europea. Le esperienze all’estero, invece, sono interessanti a livello di formazione professionale avanzata. Molti scelgono Londra, ad esempio, per imparare nuove tecniche, scoprire tendenze, seguire seminari firmati da noti acconciatori internazionali”.

Cos’è la Patente europea dell’acconciatura?
E’ un certificato europeo degli acconciatori articolato secondo tre livelli (A, B e C) e rilasciato nei vari Stati dall’ente di formazione che conduce l’esame a livello nazionale, sotto la supervisione delle parti sociali. Un accordo preso dalle organizzazioni di Dialogo Sociale con l’obiettivo di migliorare la qualità generale e l’immagine dei servizi di acconciatura nell’UE.

Come si sta muovendo Cia a livello europeo?
Stiamo valutando nuove opportunità di formazione che sfruttino la modalità e-learning o prevedano il coinvolgimento delle aziende. A livello europeo, il progetto “Leonardo” si propone di organizzare un interscambio permanente di esperienze tra centri di formazi
ne, università, imprese ed organizzazioni delle parti sociali, per promuovere l’apprendimento
e consentire ai giovani italiani di svolgere un tirocinio in una città europea.

In Europa ci si forma di più attraverso scuole/accademie o con l’apprendistato?
Ogni Paese ha una struttura formativa autonoma anche se mediamente si assiste ad una formazione coordinata nelle scuole e accademie con attività di apprendistato.

Gli obiettivi futuri per le nuove leve?
Spesso i giovani escono dall’iter formativo con una preparazione non adeguata al lavoro in salone e sono le stesse imprese d’acconciatura a farne le spese. Se a livello nazionale la prima cosa da fare è assemblare un piano di formazione sempre più omogeneo, a livello internazionale occorre favorire lo scambio tra gli Stati, intensificare i momenti di confronto per raggiungere un modello di qualifica professionale unico in Europa.

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